Loki & Thor : Fratelli di Sangue
Capitolo 1: Dolci vittorie
Quando l'alba era
sorta sulla dorata Asgard, i raggi del sole avevano iniziato a
riflettersi sulle guglie d'oro e sui cristalli, illuminando di mille
sfumature la pietra gialla delle costruzioni. Mentre la vita si
svegliava, una manciata di araldi aveva iniziato a visitare ogni
piazza della città, portando l'unico annuncio che nessun asgardiano
avrebbe mai voluto trovarsi ad ascoltare. La reggenza di Odino come
Protettore dei Nove Regni era crollata, diceva il proclama, tutti
avrebbero dovuto raccogliersi nella piazza antistante il palazzo
reale per salutare il suo nuovo signore.
E il nuovo signore
non aveva tardato a presentarsi alla folla impaurita, tronfio nelle
sue vesti verdi e nere, con il viso arrogantemente sollevato e cinto
dall'elmo cornuto. La lancia che un tempo era stata il simbolo della
regalità di Odino era ora nelle sue mani. Conquistata con il
sotterfugio, sibilavano la gente gettando occhiate di odio al nuovo
sovrano. Loki Laufeyson non avrebbe potuto vincere che con la
menzogna, e non era possibile amare un sovrano che avrebbe portato il
caos e regnato attraverso bugia e terrore.
Loki abbatté
duramente la lancia sulla pietra dell'ingresso del palazzo. Il colpo
risuonò aspro e forte, e zittì le genti, che alzarono lo sguardo
verso di lui. Il Mistificatore sorrise loro.
-Portate mio
fratello.- ordinò asciutto al terzetto di spaurite guardie
affiancate al colonnato che raccoglieva il trono di pietra. Gli
armigeri si inchinarono e presero congedo. Li seguì andarsene con un
misto di orgoglio e compiacimento. Aveva dimesso tutta la guardia
reale, non aveva potuto fare altrimenti, ma i fedeli mercenari con
cui li aveva rimpiazzati sembravano soddisfatti di poterlo servire
senza fare domande. Gli occhi azzurri di Loki tornarono alla folla. I
cittadini erano sgomenti, terrorizzati e disorientati dal
cambiamento. Li comprendeva, in fondo, ma non aveva importanza cosa
ora pensassero di lui. Non erano loro l'oggetto della sua furia e
della sua vendetta. Loro non avrebbero pagato. Li avrebbe governati
con giustizia, come era sempre stato nei suoi intenti da quando,
secoli prima, Odino aveva dichiarato che presto avrebbe passato il
trono ad uno dei suoi figli, a quello più meritevole. Ma questo era
accaduto prima. Prima di quel giorno, prima che lui potesse scoprire
le sue vere origini.
Il Dio degli Inganni
stirò un ampio sorriso sul viso e avanzò fino alla scala di pietra.
Le guardie tornarono un attimo più tardi, trascinando suo fratello
Thor quasi incosciente ed incatenato ai ceppi. Il tronco posato sulle
sue spalle, cui le mani erano strette da anelli troppo duri e saldi
perché potessero essere rotti, gravava le spalle del Dio del Tuono,
piegandolo e prostrandolo. Loki guardò gli armigeri avvicinarsi e
gettare Thor in ginocchio. L'assemblea fu scossa dall'incredulità.
-Asgard! Io ho
sconfitto mio fratello Thor e piegato Odino. Io ho conquistato
Gungnir, la lancia del comando, e con essa il trono. Asgard! Io, Loki
Laufeyson, sono il nuovo sovrano e Protettore dei Nove Regni!-
dichiarò l'ingannatore con un compiacimento profondo come mai ne
aveva provati. Non importava che la città gli fosse contraria: il
tempo li avrebbe aiutati ad abituarsi al nuovo comando. Non importava
neanche che ora gli gridassero maledizioni: presto avrebbero compreso
l'iniquità del regno di Odino.
Thor trovò la forza
di sollevare il viso su di lui e scoccargli uno sguardo irato,
rovente... e sconfitto. Loki sorrise ancora -Prostrati Dio del
Tuono.- ordinò asciutto -Prostrati di fronte al tuo conquistatore.-
continuò inginocchiandosi davanti a lui. Strinse una mano alle sue
guance, deformandogli l'espressione. Lo respinse e si rialzò
-Prostrati, com'è tuo destino, al cospetto di Loki Laufeyson.- levò
le braccia, fissando il popolo incredulo -E con te si prostri tutta
quanta Asgard, davanti al suo nuovo e legittimo signore.- concluse
abbattendo la lancia sulla pietra.
Gli occhi annebbiati
di Thor continuarono a tradire la rabbia che gli covava dentro, ma
dalla posizione svantaggiosa in cui si trovava non poteva opporsi,
non poteva ribellarsi. Il capo si abbassò con stanchezza, un sospiro
di dolore gli abbandonò il petto. Davanti alla rinuncia del Dio del
Tuono, al popolo non restò altro da fare che inginocchiarsi. E
pregare perché prima o poi qualcuno rovesciasse il nuovo e legittimo
sovrano.
-Basta così. Il
sovrano di Asgard deve occuparsi di questioni ben più importanti
dell'umiliazione di qualcuno ormai caduto così in basso. Conducetelo
nelle prigioni e lasciamo che la nuova era di Asgard abbia inizio.-
la gelida risata del Mistificatore ruppe il silenzio tombale in cui
tutti erano precipitati. Nessuno aveva ancora trovato il coraggio di
parlare. Anche la nuova corte, anche le guardie che lo servivano:
guardandosi intorno, l'ingannatore li vide tutti immobili, prostrati
e con gli occhi fissi a terra -Ma come? Tutti con gli occhi bassi?-
ironizzò ilare -Nessuno che osi volgere uno sguardo furtivo alla
divina magnificenza di Loki?- si aggirò fra le persone più vicine,
accostandosi ad una donna che aveva contratto le labbra -Su,
coraggio...- la invitò con tono di sfida -Eppure non molto tempo fa
tutti ci guardavano dall'alto in basso carichi di derisione e
disgusto. Sarà pur rimasto ad Asgard qualcuno abbastanza ardito da
non nascondersi dietro questa improvvisa fedeltà.- chiese retorico,
soffermandosi a guardare la giovane. Una parola e sarebbe stata sua,
una parola e chiunque di loro sarebbe stato suo, ma cosa avrebbe
ottenuto? Falsa approvazione? Falso rispetto? No, non era così
sciocco. Si allontanò da lei con stizza, ma qualcuno, dietro a lui,
gli mollò un calcio -Chi osa?- tuonò voltandosi. Un uomo e una
donna avevano repentinamente tirato indietro un ragazzino che lo
stava fissando con astio.
-Perdonalo, mio
signore... è solo un bambino...- supplicò la madre, cingendo la
vita del figlio con un gesto protettivo.
-“Solo un
bambino”, dici? E in quanto tale degno forse della pietà di Loki?-
sibilò il sovrano afferrando il bavero degli abiti del piccolo,
strappandolo verso di sé. Strinse l'altra mano al viso del ragazzino
-Loki e pietà non sono mai stati pronunciate insieme, donna! Ti
appelli a qualcosa di cui il tuo signore è del tutto privo.- alle
sue parole la folla trattenne il fiato -Chiedi scusa al tuo signore,
piccolo.-
-Tu non sei il mio
signore, non lo sarai mai. Né me lo sentirai dire. Non importa cosa
mi farai.- replicò il bambino scalciando con forza per vincere la
presa dell'ingannatore. Lo sguardo di Laufeyson si assottigliò
iroso, gli occhi azzurri incontrarono quelli ancora più azzurri e
risoluti del ragazzino.
-Tu non sei mio
padre!- urlò il giovane Loki ad Odino, assiso sul suo trono di
pietra scolpita. Quando aveva saputo, la furia era stata così
profonda, così intensa che non era stato in grado di placarla. Era
irrotto nella sala del trono, riversando insulti e veleno sull'uomo
che lo aveva cresciuto. E che lo aveva ingannato, tacendogli troppe
cose. Odino non lo aveva mai amato e gli aveva mentito, crescendolo
nell'illusione di essere suo legittimo figlio tanto quanto lo era
Thor, suo fratellastro. E non solo lo aveva ingannato, ma aveva anche
cercato di usarlo. E non lo aveva mai amato, mai, mai, mai! -Io non
sono figlio di Odino!- sbraitò ancora Loki, avvicinandosi a lunghi
passi. Odino appoggiò una grossa mano sul bracciolo di roccia,
piegandosi verso di lui -Hai ucciso mio padre e mi hai preso in
ostaggio.- sì, quella era la verità. Lui era un ostaggio di Asgard,
un ostaggio che avrebbe potuto impedire una guerra. Non era nulla più
di una moneta di scambio -Non mi piegherò mai al tuo volere, neppure
se ordinassi a tutte le armate di Asgard di costringermi a farlo!-
gli aveva urlato in faccia, senza riuscire ad impedire che gli occhi
si inumidissero e che lacrime di frustrazione gli rigassero il volto.
E ora quel ragazzino
sembrava provare i suoi stessi sentimenti.
Il cuore di
Laufeyson si riempì del dolore del ricordo, della mestizia di
quell'evento da cui tutto aveva avuto origine. Se solo Odino avesse
parlato, se lo avesse reso partecipe dei suoi piani, se avesse detto
la verità... se solo Odino avesse avuto il coraggio delle proprie
azioni, forse il suo cuore non sarebbe marcito.
L'espressione di
Loki si rabbonì, lasciò a terra il bambino e gli appoggiò le mani
sulle spalle, in un gesto paterno e rassicurante -Piccolo uomo, non
devi disprezzare il tuo nuovo signore per ciò che di lui senti
sussurrare da altri. Un tempo ero proprio come te... giovane, solo e
pieno d'odio...- si inginocchiò davanti a lui, continuando a
trattenerlo. Indicò la folla chinata e gli sorrise con gentilezza -E
guarda ora dove sono arrivato. Che ti sia d'ispirazione a sognare
dove potrai giungere tu, un giorno, con questo tuo carattere.- disse
sollevandogli il viso abbassato e impaurito. La madre del bambino
portò le mani alla bocca, terrorizzata dalla scena. Il marito, al
suo fianco, la abbracciò pur senza riuscire ad esserle di conforto
-Il mio regno sarà un regno paritario, che premierà il carattere e
la volontà, e chi saprà darsi da fare. Tu sarai il mio coppiere.-
dichiarò strappando il ragazzino dai genitori, sospingendolo verso
una serva -Preparatelo.- comandò mentre la madre scoppiava in
lacrime e il padre lo fissava con la supplica nello sguardo. Ricambiò
l'occhiata con supponenza -Oh, non crucciatevi... ha guadagnato un
futuro migliore.- concluse ironico, dando loro le spalle. Si avviò a
grandi passi verso l'ingresso della sala del trono -Sfollate tutte
queste persone e riportare mio fratello nella sua cella.- ordinò
agli armigeri, che si affrettarono a disperdere le persone e a
sollevare di peso Thor.
Era così,
nell'astio e nell'incomprensione, che era destinata ad avviarsi una
nuova e grande era per Asgard? Era fra quell'astio e
quell'incomprensione che Loki Laufeyson avrebbe regnato? Non
importava, si disse il Mistificatore. A quei problemi avrebbe pensato
dopo, ora era giunto il momento di godere delle comodità della sala
del trono. Della sua sala del trono.
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