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lunedì 16 febbraio 2015

Event Horizon e altri: l'orizzonte degli eventi

Originariamente apparso su Isola Illyon.

Andando a dormire senti un certo peso sullo stomaco, ma sbirciando non vedi nessun cinghiale? Se correrai in bagno per soddisfare la tua nausea, prima di maledire il polpettone della suocera ricorda che c’è a chi è andata peggio e ha vomitato il proprio braccio, o ha sputato, disgustato, il bulbo oculare di un compagno… succede, quando usi un maledetto buco nero per un salto di curvatura!
Sì, braccia vomitate e occhi sulla lingua sono la premessa ad un filmone passato veramente tanto sottotono, sia fra la “grande” critica, che fra gli appassionati del genere: non molti hanno visto e apprezzato Event Horizon, in italiano “Punto di non ritorno”, e in pochi si sono soffermati a dare al film la giusta considerazione.
Di per sé, potremmo essere davanti all’ennesimo fantahorror, ma la verità è che Event Horizon è un prodotto assolutamente godibile per tutti, anche per chi (come me) in caso di fantahorror è infastidito come un paguro davanti allo sfratto. Se ci si aspetta un viaggio nello spazio con drammatica conclusione, in cui parte dell’equipaggio finisce fuoribordo e dispersa, senza bombole di ossigeno funzionanti, le attese sono soddisfatte solo in parte. Event Horizon sfrutta tutti gli elementi base del fantahorror, ma crea qualcosa di più: crea uno sci-fi gore, con tanto di cascata di sangue, in puro stile Evil Dead.

eventhorizonprototipo
La sala del Prototipo: al centro dei tre dischi luminosi vi è un buco nero artificiale: come quella stanza riesca ad annullarne l’attrazione gravitazionale è un mistero della fantascienza. Beh, è un mistero anche come siano riusciti a creare un buco nero artificiale, in effetti…
2047: la Terra riceve un segnale di soccorso dalla nave stellare Event Horizon, sparita sette anni prima a livello dell’orbita di Nettuno, durante il primo tentativo di salto di curvatura attraverso il Prototipo. L’equipaggio dell’astronave Lewis&Clark viene inviato a verificare le condizioni della Event Horizon e a recuperare il Prototipo.
Questo Prototipo non è fantomatico, infatti viene subito spiegato essere un artefatto contenente un buco nero artificiale. Qualcosa, durante la sua attivazione per il salto di curvatura, non è però andata molto bene e, infatti, la squadra di soccorso trova un inquietante filmato, nel quale il capitano dell’astronave supplica di “liberarli dall’Inferno”. Mi risparmio i particolari gore, perché sono convinta che chi vorrà guardare il film avrà piacere di scoprirli da sé.

eventhorizon
Ops, ecco un particolare gore! Come avrebbero potuto mancare carne e sangue sparpagliati per la sala comandi?
La pellicola di Paul W. S. Anderson, marito di Milla Jovovich e regista fra l’altro di Mortal Kombat (1995), della serie di Resident Evil (iniziata nel 2002), di Alien vs. Predator (2004) e dei Tre Moschettieri (2011), non ha avuto al botteghino il riscontro atteso. Quando Event Horizon arrivò nelle sale nel 1997 ottenne scarso interesse, tanto che in Italia la maggior parte delle recensioni è successiva all’anno di uscita. I critici ne dissero di tutti i colori:
    • che il film era troppo violento; ehi, ma è un fantahorror (gore)!
    • che il linguaggio parascientifico è ridicolo; veramente, è il film che spiega in modo più chiaro cos’è un salto di curvatura e che non si lancia in altre considerazioni parascientifiche, ma che da per scontato che tutto nella fantascienza sia lecito;
    • che il fatto che tutti si chiamino con il loro titolo di bordo è assurdo; perché, il Capitano Kirk non lo faceva con il suo equipaggio? Poi quando andavano in vacanza dava loro del tu…
L’unica osservazione valida è che questo è un fantahorror con una storia da seguire. Quindi non è piaciuto, dicono loro. Quindi è gradevolissimo, dico invece io. Proprio perché ha una storia, tiene incollati dall’inizio alla fine… e poi, finalmente un horror con una trama degna di quel nome! Dissento anche sul fatto che lo sviluppo sia confusionario, anche se il finale può essere passibile di una duplice interpretazione. E questo non è forse meraviglioso?
Oltre al salto di curvatura attraverso un buco nero, l’altro punto fondamentale del film è che tutto quello che accadrà ai poveri protagonisti dipende dalla Event Horizon stessa, perché la nave è viva e dotata di volontà propria. Vuole dei compagni di viaggio e farà di tutto per trattenerli. Ahi ahi!
Come è possibile che la nave sia diventata viva? Diciamo che quando usi un buco nero per saltare nello spazio-tempo tutto è possibile. Diciamo anche che l’ipotesi è che la Event Horizon, durante il salto, sia entrata in contatto con una dimensione (metafisica) infernale, che ne ha cambiato la natura. Una dimensione che, in qualche modo, ricorda il Warp di Warhammer.
C’è da dire che Event Horizon ha alcuni debiti con altre produzioni, richiami a volte rivolti agli appassionati di sci-fi, a volte agli appassionati di horror e gore.
Per esempio, la questione della nave interamente viva e dotata di una propria, incomprensibile, volontà potrebbe non suonare nuova. Per scrivere questo articolo, ho dovuto riflettere parecchio su questo particolare, che mi suggeriva qualcosa che non riuscivo a mettere a fuoco.
solaris1972
No, non è vero: Solaris non ha mai preteso di essere la risposta a “2001: Odissea nello spazio”, i due film non hanno nulla da spartire l’uno con l’altro. Quello slogan fu solo l’ennesimo impacciato tentativo italiano di sponsorizzare Solaris.
Poi mi è venuto in mente di un libro che ho letto da adolescente, di un polacco, tale Stanislaw Lem. Il testo in questione è Solaris, del 1961, e appartiene alla sezione “filosofica” della fantascienza, il che lo rende un po’ pesantino. In Solaris non c’è una nave, ma addirittura un intero pianeta ricoperto da un oceano gelatinoso vivo e dotato di volontà propria. Il gioco funziona un po’ come Event Horizon. Uno psicologo viene mandato sull’ultima base in orbita attorno a Solaris per decidere cosa fare di quella stazione e se valga la pena proseguire gli studi sul pianeta. Una volta arrivato, vi trova “ospiti” non umani, composti da particelle neutriniche e, per questa caratteristica, indistruttibili e immortali. Scoprirà a sue spese, quando uno degli “ospiti” impersonerà sua moglie, che queste estrusioni dell’oceano sono in grado di imparare, immagazzinare ricordi, acquisire consapevolezza di sé stessi: sono definibili umani, dunque? Ed eccola qua la domanda più famosa della sci-fi!
I russi resero Solaris un film nel 1972, sotto la regia di Andrej Tarkovski, e gli americani hanno fatto un remake nel 2002 per la regia di Steven Soderbergh. Il film che ho visto io, bello per quelli cui piace la fantascienza “Golden Age”, cioè un po’ retrò e con tutti i problemi di recitazione ed effetti speciali del tempo, è quello del 1972. In Italia siamo dei disgraziati e quando il film è stato importato, per riuscire a farlo stare in una videocassetta, è stato mutilato dei primi 40 minuti (con ovvi stravolgimenti nei dialoghi) e, come se non bastasse, l’adattamento fatto da Dacia Maraini utilizzò un gergo estremamente popolare, per azzerare la distanza fra il tono intellettuale del film e lo spettatore medio italiano. Tarkovski fu così indignato da questo stravolgimento “antitetico” da pretendere di non figurare come regista. A conti fatti, l’unica cosa buona che siamo riusciti a fare con questo film è trasmetterlo nel luglio del 1976, mentre la Viking1 atterrava su Marte, dandogli così un po’ di visibilità.
Io ho visto questa versione mutilata, che sconsiglio. Per gli interessati è uscita in DVD nel 2002 la versione integrale, con audio russo sottotitolato in italiano. Per quanto riguarda i libri, Solaris di Stanislaw Lem è arrivato in Italia nel 1973 a cura de Le Nord, è entrato a far parte degli Oscar Mondadori nel 1982, ed è stato pubblicato nei Classici Urania nel 1990. Tutte le traduzioni sono a cura di Eva Bolzoni, a parte quella del 2013 curata da Vera Verdiani per un’edizione Sellerio. Quest’ultima dovrebbe essere quindi la traduzione aggiornata, che è quella che consiglio.
leviathanhellraiser
Leviathan, il rombo, è l’entità suprema di Inferno, il luogo da cui provengono tutti i Cenobiti. Regna indiscusso su… una dimensione metafisica? o su un pianeta?
Una nave stellare viva a confronto con un intero oceano vivo. Il parallelo è chiaro e semplice ma, come mi fa notare la mia regia, a Solaris manca un elemento fondamentale per assomigliare a Event Horizon: il gore.
È vero, ma questa carenza viene ampiamente compensata dall’altra grande produzione citata in diversi punti di Event Horizon. Sto parlando di Hellraiser, che nel film ritroviamo nelle visioni dei protagonisti, ossessionati dalle proprie colpe, nell’ingresso in Inferno della Event Horizon, nell’utilizzo di un artefatto “dimensionale” e… nell’ufficiale scuoiato verso la fine del film. In particolare, Hellraiser – Bloodline (il quarto capitolo della saga, uscito nel 1996) è in parte uno sci-fi, essendo ambientato anche nel 2127 su una nave spaziale. E questa nave spaziale è un artefatto della stessa “specie” del Cubo di LeMarchand, in grado di collegare la nostra realtà con quella di Inferno. Proprio come fa anche la Event Horizon.
Volendo avventurarsi in territorio minati, Bloodline non è l’unico elemento fantascientifico in Hellraiser: e se i Cenobiti, i “cattivi” della saga, non fossero angeli o demoni, o creature di un universo metafisico, bensì alieni… o meglio, extraterrestri? Se Inferno, che nelle graphic novel è un’entità viva, non fosse un’altra dimensione, bensì un pianeta? Vivo e volitivo, proprio come Solaris. A questo punto i Cenobiti sarebbero extraterrestri, e Hellraiser un altro sci-fi gore. Il fatto poi che arrivino sulla Terra per prendere essere umani e renderli uguali a loro, è semplicemente un modo per proseguire la propria specie e popolare Inferno di Cenobiti che possano gestire la fauna “autoctona”, per cacciare nuove creature. In effetti questi particolari si evincono meglio dalle graphic novel, di recente raccolte dalla Bao in alcuni volumi.
Verrebbe addirittura da azzardare che lo stesso Clive Barker, papà dell’universo Hellraiser (libri, film e addirittura di alcune sceneggiature dei fumetti), abbia in qualche modo preso spunto da Solaris e dal suo oceano vivo per creare Inferno o Leviathan: nelle graphic novel non si fa mai cenno ad Inferno, ma si parla sempre e solo di questa entità, Leviathan, che è l’inizio e la fine della dimensione dei Cenobiti, la volontà assoluta, il creatore e il distruttore. La mia regia vorrebbe portassi avanti con fermezza e decisione questa teoria, ma la verità è che, salvo un’intervista a Barker, è dura capire cosa avesse in testa mentre creava Hellraiser… e forse io dovrei smetterla di fumare il narghilè insieme al Brucaliffo prima di scrivere gli articoli per Illyon.
Ad ogni modo, il Prototipo come il Cubo di LeMarchand quindi: un paragone possibile, perché in effetti entrambi gli artefatti aprono un varco dimensionale. Entrambi creano, quindi, dei wormhole, un tema molto caro alla fantascienza.
Esistono principalmente due tipi di wormhole, quelli intra-universo, che uniscono due punti dello stesso universo (in tempi e spazi differenti), e quelli inter-universo o wormhole di Shwarzschild, che permetterebbero l’accesso ad altri universi, in linee temporali estranee e spazi alieni.
wormhole
Il funzionamento spiccio di un wormhole: piegando lo spazio-tempo, il percorso è più breve!
Concludo con una curiosità su queste “scorciatoie” per altri punti dello spazio-tempo. Il genere sci-fi ne ha parlato e li ha abusati molto, ma esistono modelli matematici che descrivono i wormhole, ritenuti plausibili nell’ambito della relatività generale. Plausibili, ma ancora non creabili od utilizzabili, in quanto non disponiamo né di tecnologia, né di conoscenze teoriche sufficienti al loro impiego o realizzazione in sicurezza.
In ogni caso, per utilizzare un wormhole, non servirebbe una tecnologia superluminale, cioè in grado di abbattere la frontiera della velocità della luce. Essendo scorciatoie che idealmente “piegano” lo spazio tempo, mentre la luce dovrebbe continuare a compiere il percorso normale, la navicella viaggerebbe attraverso un tunnel più breve della vera distanza, potendo quindi utilizzare una velocità subluminale e arrivare comunque prima. Attualmente, questo tipo di viaggio è in fase di studio, ma sembra che la NASA ci creda parecchio… auguriamoci che a nessuno venga mai in mente di utilizzare un buco nero artificiale per piegare lo spazio-tempo!

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