Quindici racconti e un centinaio di pagine dopo, mi trovo a
supplicare di essere uccisa, picchiata, mi trovo a pregare che mi
esplodano gli occhi.
Quando ho accettato di fare da giudice a un
concorso letterario, MAI avrei pensato di dovermi confrontare con
questa dura realtà: la gente che ad un concorso per racconti non
manda racconti, bensì tentativi di omicidio alla lingua italiana.
Dovrebbero essere processati per induzione al suicidio della giuria.
Io mi chiedo: ma
come si fa? Come si fa a mandare ad un concorso della roba che non
raggiunge neanche il livello minimo: la correttezza ortografica e
sintattica. Perché non si riesce a concedere neanche questo
punto? Perché siamo costretti a leggere roba che palesemente non è
neanche stata riletta!
Perché tu, piccolo autore in erba, hai lì un
racconto da un anno e mezzo, e non ti è mai balenata in mente l'idea
di rileggerlo e correggerlo? Perché? E che non ti venga in mente di
rispondermi “ma io lo ho riletto”, perché in questo caso sarebbe
ancora peggio.
Nonostante tutto,
però, sono una persona di indole buona e altruista, e mi asterrò dal
chiedere l'indirizzo di queste persone per mandar loro un pacco
bomba, ma mi prodigherò invece in un post che raccolga qualche consiglio su
come scrivere... beh, su come scrivere qualsiasi cosa.
Indubbiamente
il libro, il racconto, la poesia, l'articolo, la sceneggiatura e il
post su un blog hanno metodi e trucchi diversi, che si imparano con
il tempo e con la pazienza, ma la base – quella vera – resta in
tutti i casi la stessa.
Esploriamo insieme
questo magico mondo e cerchiamo di rispondere alla domanda: come si
scrive bene?
Intanto, qualche
semplice regola:
0 – Scrivete in
italiano, non in itagliano; vi prego: è essenziale. Oppure, se vi
trovate più pratici con la lingua inglese, o con un'altra lingua,
usate quella... ma rispettatela. Non sono ammessi stupri alle regole
grammaticali e sintattiche della lingua utilizzata. Se partecipate ad
un concorso per testi in italiano, scrivete in italiano. Punto. C'è
chi ce la fa a mancare questo punto? Sì, tutti quelli che scrivono
in itagliano.
1 – Vi sembrerà
strano, ma quello che alle elementari le maestre vi hanno insegnato è
valido: l'articolo indeterminativo femminile “una” si contrae in
“un'” davanti alle parole femminili che iniziano per vocale, se
manca l'apostrofo è un aggettivo indeterminativo maschile, che non
si usa davanti a parole femminili!
2 – Che grande
mistero! Qual è si scrive senza apostrofo (qual'è NO, NO, NO!). È
un po' scomodo, lo capisco, è un po' scomodo perché in un qualche
momento negli ultimi vent'anni si è iniziato a scriverlo con un
irragionevole apostrofo, ma si scrive qual è.
3 – In questo
punto ci stacchiamo un pochino da quello che ci hanno insegnato le
maestre. La congiunzione “e” diventa “ed” SOLO davanti a
parole che iniziano per “e”. Questa è una regoletta che potrebbe
rientrare fra i tips per un buon editing, infatti “ed” davanti a
parole che iniziano con qualsiasi vocale non è sbagliata,
semplicemente affatica la lettura, rendendola pesante, pallosa,
ostica.
4 – In linea
generale, davanti alla disgiunzione del “ma” ci va una maledetta
virgola! Usate quella maledetta virgola! Mettetela! Le eccezioni sono
pochissime. Recentemente l'Accademia della Crusca ha accettato
l'utilizzo di “ma” anche ad inizio frase, per sottolineare un
periodo in contrasto con il precedente: in questo caso, è chiaro,
che prima del “ma” ci va un punto. L'altro caso in cui si omette
la virgola è quello in cui il “ma” disgiuntivo viene utilizzato
per opporre coppie di concetti contrastanti in una elencazione (es.
“Era un uomo basso ma piacente, esile ma atletico, ben vestito ma
non sgargiante”), questa forma comunque è da limitare.
5 – Ai fruitori
dei manuali di D&D sembrerà una rivelazione della ultim'ora,
un'eresia da parte di questo blog, ma dopo i due due punti la lettera
va minuscola. Minuscola, ok? Mi-nu-sco-la. Stessa cosa dopo il punto
e virgola. Sì, ho visto anche questo.
6 – Sembrerà
strano, ma è neccessario mantenere per il dialogo sempre la stessa
punteggiatura, e non alternare doppio apice (“) con virgolette (<<)
o trattini (-). Scegliete una forma, e che quella sia, oppure il
lettore viene disorientato dai vostri cambi, e non capisce quando si
tratta di dialogo e quando, invece, di pensiero o di un vostro
astruso modo per sottolineare una certa parola. In generale,
comunque, si utilizzano i trattini o le virgolette per il parlato, e
il doppio apice per il pensiero (qualora non si scelga, per il
pensiero, di utilizzare semplicemente il carattere corsivo o il
descrittivo).
7 – Concordanza
soggetto e genere degli aggettivi (e, in generale, di tutte le parti
della frase): se il soggetto della frase è di genere femminile,
allora si usa “le”, non “gli” (es. “Le disse che...”),
altrimenti il vostro soggetto è, alla meglio, buttato nel cesso
insieme al vostro scritto. Ci piacciono le drag queen, ma anche a
loro ci si riferisce con una forma ben precisa: femminile. Non
mischiate le cose, l'effetto è sgradevole e da l'impressione che
siate dei perfetti incompetenti.
Con singolare e
plurale vale la stessa cosa. Se siete in dubbio, analizzate la frase.
Una cosa tipo “La frase e il gesto rivela una strana aggressività”
ha come soggetto “La frase e il gesto”, quindi un plurale e il
verbo deve essere al plurale.
8 – La coerenza va
mantenuta anche per i tempi verbali: se iniziate a raccontare con un
tempo verbale, che tutti gli altri siano in accordo. Il consiglio è
di non raccontare mai al presente, vi incasina le cose e basta. Non
imbarcatevi su passati remoti, trapassati remoti passati, presenti,
mi sa il cavolo: nessuno studia a tavolino l'utilizzo di queste forme
verbali, piuttosto pesanti, nei propri scritti. Utilizzate il comodo
imperfetto e accordate i verbi di conseguenza. Soprattutto, non
saltate da un tempo verbale all'altro nell'arco della stessa frase!
Se c'è un motivo per cambiare il tempo verbale da un paragrafo
all'altro, perché state narrando qualcosa successo molto tempo
prima, potrebbe essere interessante un doppio invio, piuttosto che
lasciare i due paragrafi attaccati.
9 – I congiuntivi:
se li usate, usateli bene, ma sappiate che ci sono contesti in cui
servono per forza, quindi adeguatevi.
10 – Virgola “e”:
NO, NO, NO! O meglio, con parsimonia. Al contrario di quello che
succede in molti libri (su tutti, quelli della Troisi, cui invidio
tutto, ma non l'editing) la virgola anteposta alla congiunzione “e”
è un errore. È una forma che può essere accettata con parsimonia e
solo se ha veramente un senso. Viene accettata, come per l'inglese,
nel caso di frasi del tipo “Dillo a tuo padre e a tua madre, e
anche a tua sorella se vorrai”. Oppure, più raramente, nel caso di
elenchi, per intendere anche l'ultimo termine (quello preceduto da
“e”) come parte dell'elencazione.
11 – Usate gli
stramaledetti DIALOGHI! Parlo per esperienza: usateli,
alleggeriscono, vi rendono tutto più semplice. A meno che nel bando
non sia specificato altrimenti, in un racconto tanto quanto in un
ciclo di romanzi di 12 libri i dialoghi sono fondamentali. Non
partorite MAI uno scritto senza dialoghi, a meno che non sia
abbastanza breve (massimo 5000 caratteri) da non annoiare il lettore.
Inoltre, l'assenza di dialogo costringe all'utilizzo di forme
italiane che attirino l'attenzione, che non tutti sono in grado di
padroneggiare a dovere: se li omettete, tenete conto di includere una
scrittura smaliziata e accattivante, parole fresche, frasi brevi e
d'impatto. Ma niente è come il giusto scambio di battute nel tunnel
di un metrò dopo aver succhiato il sangue di una puttana. Parlo per
esperienza, di nuovo. Il dialogo è la vostra carta jolly: farete
bene a stampigliarvelo in fronte.
12 – Gli
imperativi non sono solo il modo con cui vostra madre vi ordina di
mettere le mutande a lavare, sono un tempo verbale della lingua
italiana, ma se scriverete “Da questo a Lara” è sbagliato,
mentre è corretto “Da' questo a Lara”. Nella forma imperativa,
alcuni verbi subiscono l'elisione dell'ultima vocale (da', fa', ecc):
ricordatevene, se non volete scrivere preposizioni semplici o note
musicali.
13 – Rileggete ad
alta voce. Lo so, non siete più alle elementari, ma rileggere ad
alta voce non è un'opzione, è un DOVERE. Leggere a mente, siccome
la mente è ingannata dal preconcetto di aver scritto bene, spesso
non aiuta a trovare tutti gli errori che vi indicherò qui sotto e
tende a correggere direttamente lo scritto, sia per quanto riguarda
gli errori di digitazione, che per quanto riguarda la sintassi
astrusa. So che rileggendo ad alta voce potreste essere in imbarazzo
nel sentire quante stronzate avete scritto, ma è proprio il punto:
se vi sentite a disagio, c'è qualcosa che non va, o nel soggetto
della storia, o nel modo in cui la avete scritta. Provvedete a capire
e a correggere, non passateci su.
Grazie al punto di
cui sopra, dovreste accorgervi anche di:
14 – Inversione
soggetto, verbo, complemento: vi prego, scrivete nell'ordine giusto!
Invertire va bene una volta ogni tanto per sottolineare una parola in
particolare o dare un tono leggermente arcaico ad una certa parte di
frase, ma se lo fate con frequenza sembrate diventate odiosi snob
della letteratura, del genere che gli editor fustigherebbero da
mattina a sera.
15 – La quantità
di subordinate: se ne mettete troppe si perde il filo... e poi, a
meno che non brandiate la sintassi come Palpatine controlla la Forza,
siete sicuri di saperle gestire? Nessuno è in grado di gestire più
di 3 o 4 subordinate e, comunque, anche se ben gestire appesantiscono
la lettura. Lasciate respirare i lettori.
16 – I termini
desueti: uno ogni tanto, se l'ambiente lo permette, altrimenti sono
evitabili. Se volete fare sfoggio del vostro italiano, fatelo usando
termini precisi e mirati quando servono, senza girare intorno ai
concetti.
17 – la
formattazione! Anche se non richiesta è la faccia con cui vi
presentate agli editori e fa tanto, ve lo assicuro. Un testo pulito,
giustificato, con sempre lo stesso carattere, magari l'interlinea e i
margini strutturati per creare una cartella standard è qualcosa che
fa fremere di piacere chi se lo trova fra le mani: denota cura e,
soprattutto, competenza (conoscenza dei requisiti minimi
dell'editoria). [Di solito un testo deve essere scritto in Times New
Roman 12, giustificato, interlinea 1.5, margini alto e basso 2.8cm,
margini destro e sinistro 2.5cm; consiglio di scrivere sempre in
nero, con eventuali titoli grassetti, anche colorati (ma con toni
scuri e non improbabili). Mettetevi in testa che dovete agevolare la
lettura, non affaticarla, e agli editori voi DOVETE dare la pappa
pronta, non indurli ad un prematuro suicidio.]
Infine:
18 – Per gli Dei,
usate un editor di testo che abbia come strumenti: conteggio parole e
battute, sottolineatura dei termini sbagliati, possibilmente
includete nella visualizzazione i caratteri speciali non stampabili,
antipatici puntini fra una parola e l'altra e “p” al contrario
che vi faranno vedere immediatamente doppi spazi e invii. Questi
caratteri non dovrebbero essere opzionali per un buono scrittore, ma
la regola, anche se sono antipatici. Uno scritto senza doppi spazi o
invii ingiustificati si presenta molto meglio di uno totalmente
sregolato, e la prima impressione conta molto.
Postille:
19 – Se
partecipate ad un concorso, leggete il regolamento e, per tutti gli
Eterni, RISPETTATELO! Se ci sono massimali e minimali di battute,
dovete stare dentro quelli. Se è richiesta un'ambientazione
particolare, tenetene conto. Se c'è un soggetto, non andate fuori
tema. Se devete formattarlo in un certo modo, fatelo.
20 – Se dovete
inviare il vostro manoscritto a una casa editrice, informatevi su
quali sono i suoi requisiti e, di nuovo, RISPETTATELI! Non importa se
li capite o meno, se condividete o meno: loro sono gli editori, voi
gli autori esordienti; prendete quindi come regole rigorose i termini
formali fissati da loro.
Ci sarebbero miriadi
di altri dettagli, ma sono specifici, possono saltar fuori come no,
vanno da persona a persona. Ognuno ha i suoi difetti nello scrivere:
il punto è capirli e limitarli, aggirando gli ostacoli. Noi per
capirli ci abbiamo messo troppo, ma alla fine ce la abbiamo fatta –
anche se, è ovvio, la scrittura è un processo in continua
evoluzione, si cambia come si cambiano gusti e che va modellata anche
sul genere che si scrive e sulla tipologia di testo.
Comunque, non
scoraggiatevi, accettate le critiche, vagliatele, applicatele, e
andate avanti.
- Lucrezia, Elena
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