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lunedì 8 giugno 2015

Tips per affrontare la scrittura di un testo

Quindici racconti e un centinaio di pagine dopo, mi trovo a supplicare di essere uccisa, picchiata, mi trovo a pregare che mi esplodano gli occhi.
Quando ho accettato di fare da giudice a un concorso letterario, MAI avrei pensato di dovermi confrontare con questa dura realtà: la gente che ad un concorso per racconti non manda racconti, bensì tentativi di omicidio alla lingua italiana. Dovrebbero essere processati per induzione al suicidio della giuria.
Io mi chiedo: ma come si fa? Come si fa a mandare ad un concorso della roba che non raggiunge neanche il livello minimo: la correttezza ortografica e sintattica. Perché non si riesce a concedere neanche questo punto? Perché siamo costretti a leggere roba che palesemente non è neanche stata riletta!
Perché tu, piccolo autore in erba, hai lì un racconto da un anno e mezzo, e non ti è mai balenata in mente l'idea di rileggerlo e correggerlo? Perché? E che non ti venga in mente di rispondermi “ma io lo ho riletto”, perché in questo caso sarebbe ancora peggio.

Nonostante tutto, però, sono una persona di indole buona e altruista, e mi asterrò dal chiedere l'indirizzo di queste persone per mandar loro un pacco bomba, ma mi prodigherò invece in un post che raccolga qualche consiglio su come scrivere... beh, su come scrivere qualsiasi cosa.
Indubbiamente il libro, il racconto, la poesia, l'articolo, la sceneggiatura e il post su un blog hanno metodi e trucchi diversi, che si imparano con il tempo e con la pazienza, ma la base – quella vera – resta in tutti i casi la stessa.
Esploriamo insieme questo magico mondo e cerchiamo di rispondere alla domanda: come si scrive bene?

Intanto, qualche semplice regola:
0 – Scrivete in italiano, non in itagliano; vi prego: è essenziale. Oppure, se vi trovate più pratici con la lingua inglese, o con un'altra lingua, usate quella... ma rispettatela. Non sono ammessi stupri alle regole grammaticali e sintattiche della lingua utilizzata. Se partecipate ad un concorso per testi in italiano, scrivete in italiano. Punto. C'è chi ce la fa a mancare questo punto? Sì, tutti quelli che scrivono in itagliano.
1 – Vi sembrerà strano, ma quello che alle elementari le maestre vi hanno insegnato è valido: l'articolo indeterminativo femminile “una” si contrae in “un'” davanti alle parole femminili che iniziano per vocale, se manca l'apostrofo è un aggettivo indeterminativo maschile, che non si usa davanti a parole femminili!
2 – Che grande mistero! Qual è si scrive senza apostrofo (qual'è NO, NO, NO!). È un po' scomodo, lo capisco, è un po' scomodo perché in un qualche momento negli ultimi vent'anni si è iniziato a scriverlo con un irragionevole apostrofo, ma si scrive qual è.
3 – In questo punto ci stacchiamo un pochino da quello che ci hanno insegnato le maestre. La congiunzione “e” diventa “ed” SOLO davanti a parole che iniziano per “e”. Questa è una regoletta che potrebbe rientrare fra i tips per un buon editing, infatti “ed” davanti a parole che iniziano con qualsiasi vocale non è sbagliata, semplicemente affatica la lettura, rendendola pesante, pallosa, ostica.
4 – In linea generale, davanti alla disgiunzione del “ma” ci va una maledetta virgola! Usate quella maledetta virgola! Mettetela! Le eccezioni sono pochissime. Recentemente l'Accademia della Crusca ha accettato l'utilizzo di “ma” anche ad inizio frase, per sottolineare un periodo in contrasto con il precedente: in questo caso, è chiaro, che prima del “ma” ci va un punto. L'altro caso in cui si omette la virgola è quello in cui il “ma” disgiuntivo viene utilizzato per opporre coppie di concetti contrastanti in una elencazione (es. “Era un uomo basso ma piacente, esile ma atletico, ben vestito ma non sgargiante”), questa forma comunque è da limitare.
5 – Ai fruitori dei manuali di D&D sembrerà una rivelazione della ultim'ora, un'eresia da parte di questo blog, ma dopo i due due punti la lettera va minuscola. Minuscola, ok? Mi-nu-sco-la. Stessa cosa dopo il punto e virgola. Sì, ho visto anche questo.
6 – Sembrerà strano, ma è neccessario mantenere per il dialogo sempre la stessa punteggiatura, e non alternare doppio apice (“) con virgolette (<<) o trattini (-). Scegliete una forma, e che quella sia, oppure il lettore viene disorientato dai vostri cambi, e non capisce quando si tratta di dialogo e quando, invece, di pensiero o di un vostro astruso modo per sottolineare una certa parola. In generale, comunque, si utilizzano i trattini o le virgolette per il parlato, e il doppio apice per il pensiero (qualora non si scelga, per il pensiero, di utilizzare semplicemente il carattere corsivo o il descrittivo).
7 – Concordanza soggetto e genere degli aggettivi (e, in generale, di tutte le parti della frase): se il soggetto della frase è di genere femminile, allora si usa “le”, non “gli” (es. “Le disse che...”), altrimenti il vostro soggetto è, alla meglio, buttato nel cesso insieme al vostro scritto. Ci piacciono le drag queen, ma anche a loro ci si riferisce con una forma ben precisa: femminile. Non mischiate le cose, l'effetto è sgradevole e da l'impressione che siate dei perfetti incompetenti.
Con singolare e plurale vale la stessa cosa. Se siete in dubbio, analizzate la frase. Una cosa tipo “La frase e il gesto rivela una strana aggressività” ha come soggetto “La frase e il gesto”, quindi un plurale e il verbo deve essere al plurale.
8 – La coerenza va mantenuta anche per i tempi verbali: se iniziate a raccontare con un tempo verbale, che tutti gli altri siano in accordo. Il consiglio è di non raccontare mai al presente, vi incasina le cose e basta. Non imbarcatevi su passati remoti, trapassati remoti passati, presenti, mi sa il cavolo: nessuno studia a tavolino l'utilizzo di queste forme verbali, piuttosto pesanti, nei propri scritti. Utilizzate il comodo imperfetto e accordate i verbi di conseguenza. Soprattutto, non saltate da un tempo verbale all'altro nell'arco della stessa frase! Se c'è un motivo per cambiare il tempo verbale da un paragrafo all'altro, perché state narrando qualcosa successo molto tempo prima, potrebbe essere interessante un doppio invio, piuttosto che lasciare i due paragrafi attaccati.
9 – I congiuntivi: se li usate, usateli bene, ma sappiate che ci sono contesti in cui servono per forza, quindi adeguatevi.
10 – Virgola “e”: NO, NO, NO! O meglio, con parsimonia. Al contrario di quello che succede in molti libri (su tutti, quelli della Troisi, cui invidio tutto, ma non l'editing) la virgola anteposta alla congiunzione “e” è un errore. È una forma che può essere accettata con parsimonia e solo se ha veramente un senso. Viene accettata, come per l'inglese, nel caso di frasi del tipo “Dillo a tuo padre e a tua madre, e anche a tua sorella se vorrai”. Oppure, più raramente, nel caso di elenchi, per intendere anche l'ultimo termine (quello preceduto da “e”) come parte dell'elencazione.
11 – Usate gli stramaledetti DIALOGHI! Parlo per esperienza: usateli, alleggeriscono, vi rendono tutto più semplice. A meno che nel bando non sia specificato altrimenti, in un racconto tanto quanto in un ciclo di romanzi di 12 libri i dialoghi sono fondamentali. Non partorite MAI uno scritto senza dialoghi, a meno che non sia abbastanza breve (massimo 5000 caratteri) da non annoiare il lettore. Inoltre, l'assenza di dialogo costringe all'utilizzo di forme italiane che attirino l'attenzione, che non tutti sono in grado di padroneggiare a dovere: se li omettete, tenete conto di includere una scrittura smaliziata e accattivante, parole fresche, frasi brevi e d'impatto. Ma niente è come il giusto scambio di battute nel tunnel di un metrò dopo aver succhiato il sangue di una puttana. Parlo per esperienza, di nuovo. Il dialogo è la vostra carta jolly: farete bene a stampigliarvelo in fronte.
12 – Gli imperativi non sono solo il modo con cui vostra madre vi ordina di mettere le mutande a lavare, sono un tempo verbale della lingua italiana, ma se scriverete “Da questo a Lara” è sbagliato, mentre è corretto “Da' questo a Lara”. Nella forma imperativa, alcuni verbi subiscono l'elisione dell'ultima vocale (da', fa', ecc): ricordatevene, se non volete scrivere preposizioni semplici o note musicali.
13 – Rileggete ad alta voce. Lo so, non siete più alle elementari, ma rileggere ad alta voce non è un'opzione, è un DOVERE. Leggere a mente, siccome la mente è ingannata dal preconcetto di aver scritto bene, spesso non aiuta a trovare tutti gli errori che vi indicherò qui sotto e tende a correggere direttamente lo scritto, sia per quanto riguarda gli errori di digitazione, che per quanto riguarda la sintassi astrusa. So che rileggendo ad alta voce potreste essere in imbarazzo nel sentire quante stronzate avete scritto, ma è proprio il punto: se vi sentite a disagio, c'è qualcosa che non va, o nel soggetto della storia, o nel modo in cui la avete scritta. Provvedete a capire e a correggere, non passateci su.


Grazie al punto di cui sopra, dovreste accorgervi anche di:

14 – Inversione soggetto, verbo, complemento: vi prego, scrivete nell'ordine giusto! Invertire va bene una volta ogni tanto per sottolineare una parola in particolare o dare un tono leggermente arcaico ad una certa parte di frase, ma se lo fate con frequenza sembrate diventate odiosi snob della letteratura, del genere che gli editor fustigherebbero da mattina a sera.
15 – La quantità di subordinate: se ne mettete troppe si perde il filo... e poi, a meno che non brandiate la sintassi come Palpatine controlla la Forza, siete sicuri di saperle gestire? Nessuno è in grado di gestire più di 3 o 4 subordinate e, comunque, anche se ben gestire appesantiscono la lettura. Lasciate respirare i lettori.
16 – I termini desueti: uno ogni tanto, se l'ambiente lo permette, altrimenti sono evitabili. Se volete fare sfoggio del vostro italiano, fatelo usando termini precisi e mirati quando servono, senza girare intorno ai concetti.
17 – la formattazione! Anche se non richiesta è la faccia con cui vi presentate agli editori e fa tanto, ve lo assicuro. Un testo pulito, giustificato, con sempre lo stesso carattere, magari l'interlinea e i margini strutturati per creare una cartella standard è qualcosa che fa fremere di piacere chi se lo trova fra le mani: denota cura e, soprattutto, competenza (conoscenza dei requisiti minimi dell'editoria). [Di solito un testo deve essere scritto in Times New Roman 12, giustificato, interlinea 1.5, margini alto e basso 2.8cm, margini destro e sinistro 2.5cm; consiglio di scrivere sempre in nero, con eventuali titoli grassetti, anche colorati (ma con toni scuri e non improbabili). Mettetevi in testa che dovete agevolare la lettura, non affaticarla, e agli editori voi DOVETE dare la pappa pronta, non indurli ad un prematuro suicidio.]

Infine:

18 – Per gli Dei, usate un editor di testo che abbia come strumenti: conteggio parole e battute, sottolineatura dei termini sbagliati, possibilmente includete nella visualizzazione i caratteri speciali non stampabili, antipatici puntini fra una parola e l'altra e “p” al contrario che vi faranno vedere immediatamente doppi spazi e invii. Questi caratteri non dovrebbero essere opzionali per un buono scrittore, ma la regola, anche se sono antipatici. Uno scritto senza doppi spazi o invii ingiustificati si presenta molto meglio di uno totalmente sregolato, e la prima impressione conta molto.

Postille:

19 – Se partecipate ad un concorso, leggete il regolamento e, per tutti gli Eterni, RISPETTATELO! Se ci sono massimali e minimali di battute, dovete stare dentro quelli. Se è richiesta un'ambientazione particolare, tenetene conto. Se c'è un soggetto, non andate fuori tema. Se devete formattarlo in un certo modo, fatelo.
20 – Se dovete inviare il vostro manoscritto a una casa editrice, informatevi su quali sono i suoi requisiti e, di nuovo, RISPETTATELI! Non importa se li capite o meno, se condividete o meno: loro sono gli editori, voi gli autori esordienti; prendete quindi come regole rigorose i termini formali fissati da loro.

Ci sarebbero miriadi di altri dettagli, ma sono specifici, possono saltar fuori come no, vanno da persona a persona. Ognuno ha i suoi difetti nello scrivere: il punto è capirli e limitarli, aggirando gli ostacoli. Noi per capirli ci abbiamo messo troppo, ma alla fine ce la abbiamo fatta – anche se, è ovvio, la scrittura è un processo in continua evoluzione, si cambia come si cambiano gusti e che va modellata anche sul genere che si scrive e sulla tipologia di testo.
Comunque, non scoraggiatevi, accettate le critiche, vagliatele, applicatele, e andate avanti.

- Lucrezia, Elena

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