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mercoledì 25 marzo 2015

Un nome è per sempre

Leggevo questa mattina un articolo di Rita Carla Francesca Monticelli, scrittrice self publisher di cui tutte le informazioni potrete trovarle sul suo blog.
In sostanza, Rita parlava di come lei sceglie i nomi dei personaggi per i suoi romanzi - vi consiglio tantissimo la lettura dell'articolo, perché è davvero pieno sia dell'entusiasmo, che della fatica che gli scrittori ci mettono nel compiere questo passo.

Trovare scritto...
"Di certo quando si legge un libro raramente si dà importanza a un nome, non si ha la percezione del mondo che sta dietro quella particolare scelta. Ma, quando poi si passa dall’altra parte del libro, quella dello scrittore, ci si rende conto come battezzare un personaggio sia una parte molto importante del processo creativo che sta dietro la scrittura di una storia."
...mi ha fatto parecchio sorridere. È esattamente questa la difficoltà.

Quando si tratta di scegliere nomi per ambientazioni plausibili, l'attinenza è un parametro molto importante, perché c'è da pensare non solo alla coerenza del mondo di cui si parla, ma anche del bagaglio culturale o sociale del lettore. Un nome "sbagliato", accozzaglia di nome+cognome di due nazionalità diverse ha un senso, un nome "corretto" ne ha un altro: la costruzione del personaggio parte anche da questi dettagli.
Lo scoglio diventa ancora più enorme per lo scrittore quando si approda nel fantasy o in un certo tipo di fantascienza. Il nome deve essere non solo adatto, ma anche ricordabile dal lettore, soprattutto se i personaggi sono più di una decina. Per giunta, bisogna anche creare combinazioni di lettere che non siano troppo cacofoniche o impronunciabili, altrimenti si perde completamente l'effetto.
Per il fantasy o la sci-fi, non si hanno molti appigli, ma niente vieta di prendere nomi reali e modificarli in base all'ambientazione (magari evitando di farne finire troppi in "-el", "-er", "-en", una prassi fin troppo comune e ormai fastidiosa). Questo processo di rielaborazione, in genere paga più dell'invenzione di sana pianta, perché in quel modo il nome mantiene un sentore di noto che non disorienta chi lo legge per la prima volta. Al contempo, però, è importante anche l'unicità del nome, soprattutto dei protagonisti, perché può darsi diventerà identificativo di tutto il libro o la saga.
Inoltre, soprattutto per il fantasy di un certo tipo, quello con un'enorme ambientazione e centinaia di personaggi, è interessante introdurre l'omonimia. Utilizzarla o ignorarla è una scelta dell'autore, ma è irreale credere che in un gruppo di duecento o trecento persone non ce ne sia neanche una che si chiama allo stesso modo. La scelta degli individui che devono portare lo stesso nome è complessa: non devono essere troppo ingerenti nella storia, ma neanche troppo poco; devono essere quella via di mezzo che permette di identificarli, ma non di fare confusione.

Detto questo, il nome che mi è restato più nel cuore fra tutti quelli che ho scelto è quello di April Yeoh, coreana, un personaggio che compare verso la fine de La Voce dei Caduti.
Ricordo perfettamente quanto è stato difficile sceglierlo. Se per Yeoh non ci sono stati problemi, visto che è un cognome abbastanza diffuso in Corea, per quanto riguarda April ci abbiamo messo parecchio ad identificarlo, ma quando lo abbiamo trovato so di aver detto "è lei, mi piace tantissimo". Di fatti è stato uno dei personaggi di contorno che, alla fine, ha avuto il più grande spazio nel mio cuore.

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